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La crisi ascendente dei sistemi insediativi e dei sistemi produttivi globalizzanti, in primis quello agroalimentare, sta generando una nuova cultura di utilizzo integrato e socialmente inclusivo delle risorse territoriali, promossa in Italia, fra gli altri, dalla Società dei Territorialisti/e. Questa nuova cultura esprime una forte domanda d'innovazione progettuale verso forme di sviluppo locale autosostenibile. Proposte concrete da parte degli attori locali organizzati in reti che intrecciano attività multifunzionali, garantendo la riproduzione sociale delle comunità in equilibrio dinamico con gli ecosistemi del territorio. Il progetto (come scenario territoriale, forma insediativa e tipologia architettonico/tecnologico/ambientale) intreccia le radici antiche con l'innovazione localmente appropriata e mette in evidenza come i territori residuali/abbandonati possono avere un potenziale locale di occupazione radicata e di rigenerazione sociale e ambientale molto elevato attraverso mix equilibrati di multifunzionalità (costruzione del paesaggio, approvvigionamento energetico ed alimentare, ospitalità dolce, di infrastrutture leggere per comunicare e muoversi). L'innovazione progettuale consiste nel dar forma ai nuovi paesaggi produttivi partendo dalla conoscenza profonda dei luoghi e delle culture locali, dalle esigenze della nuova cultura di pattualità città/campagna, dalle risorse disponibili e potenziali sia in termini di vocazioni agricole che di flussi di risorse conoscitive, materiali, energetiche e finanziarie per rispondere alle nuove domande emergenti di prodotti e servizi ambientalmente sostenibili da parte delle comunità locali insediate nel territorio. In questo senso si apre un interessante campo di lavoro anche per la formazione degli architetti che ribalta il paradigma costruttivo e modula il progetto dell'assetto fisico - dal paesaggio all'ambiente costruito - sulla centralità dell'attività primaria nei processi di scambio metabolico campagna/città, partendo anche dal patrimonio della buona architettura contemporanea che si riconosce nello spirito positivo dei luoghi e dei materiali, della vita reale delle comunità civili, del lavoro e dell'arte di vivere, alla ricerca di un senso nella realtà sociale e nelle comunità locali. L'insieme dei contributi dell'almanacco si colloca in un contesto di cultura progettuale dell'architettura moderna e contemporanea che è stato ed è tuttora poco sensibile ai temi dell'architettura rurale e rurale-urbana. Eppure se si esce da un atteggiamento che oscilla tra la pratica consumistica (il paesaggio agricolo/alpino come pallido sfondo per operazioni commerciali) e autocelebrazione degli "archistar", la qualità diffusa di una nuova architettura delle origini, sostenibile e sintetica nel suo realismo, potrà essere uno dei nuovi obiettivi degli architetti europei di questi prossimi decenni.